Giornalista “d’altri tempi”, coscienzioso e quindi perdente (oltre che inguaribilmente sfortunato), Filippo Leis ritorna in quattro racconti, che rappresentano un gustoso e sorprendente corollario della saga-trilogia La bora in testa (Mgs Press, 2005). Ancora una volta egli è alle prese con sfuggenti fantasmi (soprattutto femminili) che si tramutano in altrettante, private ossessioni e ai quali invano tenta di ridar corpo e vita. Alla sconsolante inanità delle sue “cacce” dai grotteschi risvolti noir si sommano le frustrazioni professionali, e dunque personali, che progressivamente lo sospingono in una sorta di limbo nel quale la sola ragione di vita rimane, forse, l’indomabile fuoco della ricerca forsennata, dell’ansia accanita della scoperta e della certezza, ancorché paradossale o dolorosa.