Le memorie di uno scrittore non sono semplicemente una catena di ricordi, anche se qui ne troviamo di nitidi e precisi, dalla fanciullezza alla maturità , legati dal filo conduttore del fumo, già motivo letterario in Italo Svevo. Memorie di un fumatore (il romanzo di un uomo, di una vita, di una città ) è il ritratto allo specchio di un autore schivo, che non amava parlare di sé, e che qui ci propone il suo modo di attraversare la realtà del quotidiano con il perenne dubbio che la vita sia altra, e una riflessione sulla vita secondo l’umana filosofia che troviamo sempre, in controluce, nelle sue storie niente affatto consolatorie. Un testo di grande interesse per i lettori di Mattioni, che qui troveranno l’origine della sua narrativa (uno spirito di avventura che è insito nel viaggio dell’esistenza); un documento fondamentale per i critici, che riconosceranno nei fatti e nei luoghi i nuclei di tutti i suoi romanzi, dal Sosia, al Re ne comanda una, a Palla avvelenata, con in più riferimenti a libri ancora inediti; ma anche una lettura godibile per gli appassionati della storia di Trieste, di cui Mattioni ci offre uno spaccato di prima mano tra il 1920 e 1990, con una miniera di curiosità e di informazioni sui cambiamenti topografici e sociali della città .
Ogni capitolo porta il nome di una marca di sigarette, dalle Popolari dell’infanzia, alle Africa e alle Milit che hanno accompagnato la terribile e insensata esperienza della guerra e della prigionia, e così via, per mettere subito in chiaro di cosa si parla: “Sono un fumatore, un sorvegliato a vista, un nemico pubblico potenziale”, esordisce l’autore, per concludere che “per straordinari e curiosi siano gli accadimenti di una vita individuale, se non vanno a finire in fumo, dove diavolo possano andare, è proprio difficile capire”. Aneddoti, circostanze inedite, storie personali, tratteggiate con il taglio ironico e la prosa sorniona e immediata tipica di Mattioni. Un unicum per conoscere da vicino l’uomo e lo scrittore, “sempre vissuto nell’atmosfera delle favole senza credere nelle fate, e quindi di continuo tormentato dal voler capire perché gli uomini, me compreso, sono come sono, e la vita che cos’è”.