Dopo la trilogia dedicata agli Asburgo (Sissi a Miramar, Ritorno a Miramar, Oberdan amor mio), Giallo Trieste Rosso Capodistria, Le Basabanchi, la penna ironica di Alessandro Fullin ritorna implacabile e propone questo nuovo romanzo in dialetto triestino.
Trieste 1969. Da quindici anni la città è tornata all’Italia. Il benessere del dopoguerra è palpabile ma non nel monastero di via Biasoletto: la Madre Superiora infatti, per rilanciare l’istituto religioso, si è cimentata nell’impresa di far affrescare le antiche pareti del convento dal noto pittore Duccio da Sgonico. È stato un passo azzardato: il costo dei materiali e il compenso dell’artista portano il convento sull’orlo del fallimento. Le suore, disperate, cercheranno allora una soluzione accettando di diventare protagoniste di un’opera cinematografica del regista jugoslavo Borut Rasnici.
È l’inizio di nuove avventure per le Sorelle della Beata Pinza che, pur protette come sempre da Santa Tecla, si troveranno coinvolte nelle trame della Guerra Fredda.