Figlia di Luigi di Baviera, fratello dell’imperatrice Elisabetta, sin da bambina pupilla della zia Sissi ma anche succube del suo intrigante, egoistico fascino, Maria Larisch è uno di quei personaggi che scansano le responsabilità e le conseguenze dei propri atti, che altri invece a loro addebitano senza possibilità di sconto.
Dopo la tragedia di Mayerling, che la vide coinvolta in prima persona (era lei che combinava gli incontri tra Rodolfo e Maria Vetsera), l’amata Sissi non volle mai più incontrare Maria, la quale peraltro, in questo concitato, vivido e romanzesco memoriale riferisce una frase di Rodolfo brutale e infangante: “Sei sempre stata la mezzana di mia madre”. Dunque mezzana anche per il figlio.
Ma la coloritura di questa storia raccontata vivacemente in prima persona ha ben altri accenti di violenza: il dietro le quinte del dorato mondo imperiale e dell’aristocrazia austro-bavarese è una sequenza di orrori che la Larisch butta sulla pagina senza alcun ritegno, talora con compiaciuto spregio. Matrimoni calcolati e forzati, disgusti violenti fra coniugi, sopraffazioni, disamori, dissipazioni di denaro, astuti calcoli di società , e certo non da ultimo, nelle due famiglie imparentate dei re di Baviera e degli Asburgo d’Austria-Ungheria, la follia che dilaga in tutti i cervelli. Più romantica nei tedeschi, più depravata negli austriaci, ci assicura la Larisch raccontando la pazzia visionaria di Ludwig, morto suicida nel lago di Starnberg, la discesa verso atteggiamenti “da bestia” dell’ancora più alienato fratello Otto, e altre gravi e irrimediabili demenze, oltre alla deriva anoressica e molto poetica di Sissi, innamorata della bellezza, ma insofferente dei propri figli, causa per lei di deplorevoli attentati alla sua perfezione fisica.
Dopo tre matrimoni (il conte Larisch, il cantante Brucks e l’agricoltore di origine belga Meyers), sei figli e una vita molto movimentata, Maria morì in miseria nel convento di San Servazio, a Maastricht, in Olanda, il 4 luglio 1940.